LE POLENE
La polena è il nome che designa una figura scolpita che decorava la prua delle imbarcazioni e fu un elemento indispensabile della nave, specialmente nei secoli XVII e XVIII fino a tutto il XIX.
Fin dall’antichità, ogni nave viene dedicata ad una divinità, di cui sovente porta il nome, che è presente a bordo per proteggere i marinai durante la navigazione. Spesso tale presenza è simbolicamente rappresentata da un occhio apotropaico (cioè inteso ad annullare e allontanare influssi maligni) dipinto ai lati della prua. La prua è infatti il punto cruciale., era lei, con quel suo dividere le onde, quell’aprirsi la via imperiosamente, il punto cruciale della nave, intesa quasi come elemento vivente, che si fa strada attraverso le acque infide e avverse. Le antiche navi egizie erano navi con occhi, quelli di Horus, il Dio Falco che davano all’imbarcazione l’aspetto di una creatura vivente, di una divinità che cavalcava le acque. I fenici disegnarono gli occhi migliorandone l’aspetto: unirono agli occhi il profilo degli animali. Le prue divennero così tori, leoni, serpenti, furono coperti di lamine d’oro, per riflettere la luce, atterrire il nemico, meravigliare l’amico. Anche i navigatori del Nord, i Vichinghi e poi i Normanni, dotarono le navi con le quali effettuavano le loro scorrerie di teste e forme mostruose. Quando poi, sui galeoni del 1500 e più ancora del 1600, alle divinità antiche si sostituirono polene raffiguranti principalmente figure femminili, l’aspetto artistico prese decisamente il sopravvento fino ad esplodere in sontuose decorazioni barocche degne più di una reggia che di una nave.
La loro origine, quanto meno l’aspetto che più ci è noto, sembrerebbe risalire alla battaglia di Salamina (480 a.C.), quando l’ateniese Licomede avrebbe offerto ad Apollo le insegne della prima nave persiana catturata. L’usanza nasce o come segno di scaramanzia contro le potenze avverse presenti nell’immaginario collettivo della gente di mare, oppure di ossequio verso le divinità, per ottenerne tutela nel corso della navigazione.
Il nome “polena” è molto più recente, deriva dal francese “chaussures poulaine” ovvero scarpe polacche, che indica un particolare tipo di calzature molto allungate, affilate, con le punte all’insù, lunghe fino a 60 cm e sostenute da stecche di balena. Così venne associato il nome delle calzature a quello delle prue delle navi che, nel corso del Settecento,subisce un cambiamento, la sua estremità da diritta e bassa sul mare diventa un tagliamare tondeggiante che si ripiega all’indietro e ospita sulla sommità le più disparate sculture.
Con il passare degli anni, sulle imbarcazioni alle divinità si sostituiranno polene raffiguranti donne prosperose e quest’arte si diffonderà presto in tutto l’Occidente per crescere sempre più fino a quando, nel 1800, al legno viene sostituito il metallo. Esse sono ormai curate nei minimi particolari, anche nella colorazione e nelle dorature, da artisti specializzati che lavorano su commissione ed i soggetti più richiesti sono: donne, santi, cavalli, unicorni, sirene.
Ma l’evoluzione dei sistemi di costruzioni navali e l’uso crescente del metallo, nonché l’affermarsi della navigazione a vapore, resero con il tempo quasi inutile il lavoro degli scultori. Già alla fine del 700 gli Ammiragliati avevano ridotto gradatamente gli stanziamenti destinati alle decorazioni navali, gli assicuratori protestavano che si trattava di un orpello inutile e superato, oltre che pericoloso: le polene erano destinate a scomparire del tutto. Lentamente, esse divennero sempre meno elaborate e meno ricche d’ornamenti, si rinunciò alle dorature.
Attualmente qualche polena viaggia ancora sotto il bompresso di navi scuola, come l’Amerigo Vespucci e la Palinuro. L’uso di collocare la polena, se pur in forma ridimensionata, è conservato da alcune Marine militari, come la nostra che orna la prua delle proprie unità con una stella a cinque punte, simbolo dell’Italia.
Le polene, che esercitano ancora una forte suggestione, si possono trovare accuratamente conservate in collezioni pubbliche e private, in repliche e copie di cui il favore degli armatori del genere ha favorito la diffusione, oppure immortalate nella letteratura e nella poesia.