I "CICLONI" DI CASA NOSTRA

 

 

E' capitato negli ultimi anni che cicloni che si sino sviluppati in oceano Atlantico abbiano percorso rotte anomale, sconfinando dalla fascia tropicale e subtropicale per giungere fino al margine Sud occidentale delle carte meteorologiche del centro Europa. Il caso più recente è quello del ciclone "Helene" nato nel 2006 sul bordo meridionale dell'anticiclone delle Azzorre e, che dopo aver compiuto il suo viaggio verso Ovest raggiungendo la Florida ha piegato poi verso Nord-Nord Est fino a circa 34° Nord, 053° Ovest. I meteorologi lo hanno individuato sulle carte del tempo e lo hanno identificato sia con il simbolo internazionale degli uragani che con il suo nome d'origine. Si presentava come una profonda area depressionaria a forte gradiente barico, alla quale erano associati venti intensi.

La perturbazione conservava le sue caratteristiche di uragano fino al giorno 24 settembre, dopodichè veniva indicata solo come depressione molto profonda, con minimo di 964 hPa, centrata a 43° Nord -035° Ovest. E' interessante notare come nei due giorni di apparizione come uragano, la pressione fosse diminuita da 992 hPa del 23 settembre a 972 hPa del 24. La caduta di pressione è continuata anche il 25 settembre, raggiungendo 964 hPa. Questa tendenza si è verificata a causa di un afflusso di aria fredda convogliata all'interno della bassa pressione.

L'uragano "Helene", nella sua rotta nel Nord Atlantico, fra il giorno 23 e il 24, ha percorso in 48 ore 1.460 miglia, con una velocità di 30,4 nodi. Il giorno 26 cessata l'alimentazione fredda, la pressione atmosferica è salita e la velocità è diminuita; il 28, la depressione è stata inglobata dal fronte polare, trasformandosi in depressione complessa attiva con forti precipitazioni sull'Europa centro-settentrionale.

Può accadere quindi che alcuni uragani nel loro percorso atlantico da Est verso Nord Ovest e poi verso Nord e Nord Est, giungano a latitudini elevate, trasformandosi nelle fasi successive in depressioni molto attive che investono l'Europa.  Non si devono però chiamare tali perturbazioni "uragani", dal momento in cui perdono le caratteristiche originarie diventano "aree cicloniche" o "depressioni extratropicali", più o meno turbolente. Malgrado l'anomala frequenza con cui oggi gli uragani atlantici si spingono in settentrione questi fenomeni non toccano il Mediterraneo.

Piuttosto si può dire che alle latitudini temperate esistano dei "cugini" dei cicloni tropicali da non confondere però con i primi: nei nostri mari, in particolare, si verificano dei sistemi di tempo possenti, ben rilevabili all'analisi satellitare, vere e proprie depressioni fornite di un "occhio" ma dette mesocicloni.

Il loro funzionamento si basa sul contrasto tra la temperatura del mare e quella dell'aria, piuttosto che nella differenza d'umidità. La loro taglia però è più piccola rispetto ai cicloni tropicali e il loro ciclo di vita molto più breve. Per il Mediterraneo si tratta, per di più, di una situazione "anomala" che si verifica prevalentemente in zone marittime calde con caratteristiche del tutto particolari. Innanzi tutto il sistema nuvoloso in via di formazione deriva da un fronte occluso; l'occhio ha una dimensione di circa 10 chilometri e le nubi circostanti hanno la sommità molto elevata (cumulonembi).I venti in superficie sono forti. Il movimento della depressione è lento, con direttrice media Sud Est. Nella zona occidentale i venti sono dell'ordine di 30 nodi.

Queste perturbazioni si presentano con maggiore frequenza tra l'autunno e l'inizio inverno.

 

 

 

Articolo tratto dalla rivista “Bolina”.