GLI SQUALI

Al gruppo degli squali appartengono i più grandi pesci viventi. Dotati di scheletro cartilagineo come le razze e le chimere, questi animali esistevano già oltre 350 milioni di anni or sono, molto prima quindi che apparissero i dinosauri e gli uomini. Di questi proto-squali ci sono rimasti soprattutto i denti, le spine dorsali e i dentelli cutanei, più fossilizzabili che non la cartilagine degli scheletri. Gli strati paleozoici dell’Ohio, negli Stati Uniti, ci hanno restituito il più primitivo squalo conosciuto, il Cladoselache, uno squalo oceanico, buon nuotatore e possente predatore. Dotato di mascelle attaccate al cranio, questo pesce era lungo poco meno di 2 metri e aveva sul dorso due pinne precedute da una robusta spina; la coda era simmetrica e lo scheletro doveva presentare la stessa asimmetria tipica degli squali attuali; lo stato di usura dei denti ritrovati rivela che essi non dovevano rinnovarsi così spesso come quelli degli squali attuali.

Diverse specie di squali erano già comparse a quell’epoca, in stretta competizione con i pesci corazzati giganti, lunghi più di 6 metri; ma la loro velocità e agilità li mise in condizione di sopravvivere nonostante le dimensioni ridotte. In un’epoca meno remota, ma pur sempre 65 milioni di anni or sono, vissero gli antenati del grande squalo bianco, come il Procarcharodon megalodon, un gigante fossile lungo 13 metri, i cui denti impressionanti erano grandi come una mano di uomo.

Da allora, la morfologia degli squali subì parecchi mutamenti prima che essi assumessero l’aspetto degli esemplari attuali. Oggi sono state classificate ben 350 specie; raggruppate in 8 ordini e in una trentina di famiglie, esse rispecchiano la notevole varietà di questi animali. Molto ben adattati ognuno al proprio ambiente, gli squali sono presenti nei mari del mondo intero.

In questi ultimi anni, numerosi film a sensazione, testimoniano del fascino misto ad autentico terrore che gli squali suscitano. E diversi incidenti capitati in zone frequentate da bagnanti o da chi pratica sport di mare hanno rafforzato l’immagine dello squalo “ mangiatore di uomini”. Tuttavia, solo alcune specie di squali possono divenire pericolose per l’uomo, e solo nel caso si sentano minacciate.

Il cibo

Gli squali sono tutti carnivori, che basano la loro alimentazione su altri animali marini, dai più piccoli ai più grandi: plancton, molluschi, calamari, mammiferi marini, altri squali. Possono essere assai voraci, come confermano le analisi effettuate sul contenuto del loro stomaco: resti di uccelli di mare e oggetto di vario genere, come per esempio bottiglie o scatole di conserva, non sono reperti insoliti in questo tipo di indagine gastrica.

La scelta delle prede e le modalità della cattura differiscono da specie a specie. Gli squali testa di toro preferiscono i ricci di mare, mentre lo squalo bianco è ghiotto di foche e otarie. Lo squalo balena, lo squalo elefante e lo squalo dalla bocca grande sono divoratori di plancton: essi nuotano con la bocca spalancata e filtrano enormi quantità di acqua per estrarne i piccoli organismi del plancton. Certi squali agguantano e riducono a pezzi piccoli pesci e cefalopodi; altri divorano foche, delfini e leoni di mare.

Avvertiti dalla presenza di una preda dalla finezza dei loro organi sensoriali, gli squali si avvicinano silenziosamente. A volte nuotano in cerchio, sempre più veloci e più vicini al banco dei pesci, che allora si rinserrano. Agli squali non resta che sferzare l’acqua con la pinna caudale per tramortirli o aprire la bocca per acchiapparli.

Quando la preda è più grande, lo squalo le si precipita contro, scuotendo la testa e l’agguanta con la mascella inferiore. Poi, muovendo avanti e indietro la mascella superiore e servendosi dei suoi denti lunghi e appuntiti, la fa a pezzettini prima di inghiottirla.

Altri squali  praticano una specie di “caccia con aspirazione”: per estrarre le prede dagli anfratti in cui queste si rintanano, fanno aderire alle cavità le spesse labbra che fungono da ventose. Quindi aspirano con forza e ingoiano la preda tutta intera oppure ne prelevano un morso dove capita.

 L’apparato sensoriale

Gli squali possiedono un insieme di organi sensoriali perfettamente adattati alla loro funzione di predatori. Hanno un ottimo udito che consente un’eccellente ricezione dei suoni, aumentata dal fatto che le vibrazioni sonore si propagano più rapidamente e a maggiore distanza nell’acqua che nell’aria. Essi possono percepire vibrazioni sonore provenienti da una sorgente situata a circa 2 chilometri e vibrazioni a bassa frequenza dell’ordine di 40 hertz (1,5 ottava più grave della nota più bassa del piano) che l’uomo può sentire.

Le orecchie degli squali sono interne e situate nella scatola cranica, ma comunicano con l’esterno attraverso dei canali endolinfatici, che sfociano in superficie mediante un paio di pori posti in cima alla testa. Inoltre, le vibrazioni sonore sono percepite soprattutto grazie a un organo speciale chiamato “linea laterale”. Correndo lungo tutto il corpo, parallela ai fianchi e ramificata sotto il muso, la “linea laterale” è costituita da una serie di canali sensoriali che contengono particolari cellule sensibili alle vibrazioni: questi canali, pieni di una sostanza gelatinosa, sono collegati ognuno con un poro sulla pelle. Gli squali rilevano in questo modo i movimenti dell’acqua e quindi anche quelli degli organismi o degli oggetti che li circondano. Questa specifica sensibilità è stata definita un “toccare a distanza”: si suppone infatti che essa procuri una sensazione che sta tra il tatto e l’udito.

Contrariamente a quanto si pensava un tempo, la maggior parte degli squali vede benissimo. Il loro occhio si può paragonare a quello dei vertebrati superiori, come l’uomo, ma il cristallino, quasi sferico, non cambia forma per adattarsi alle variazioni della luce. Riflettere e concentrare la luce è una funzione svolta dalla retina, il che consente una buona visione nell’ambiente marino, dove la luce si presenta diffusa e attenuata. Coperta da uno strato di cellule pigmentate, la retina è simile a quella dei gatti. Le palpebre possono essere fisse o mobili secondo la specie; i carcariniformi hanno invece una palpebra inferiore mobile, la membrana nittitante, che protegge l’occhio in caso di pericolo.

L’olfatto degli squali è finissimo: le narici, situate sotto il muso, sono fornite di numerose cellule olfattive che consentono di “sentire” anche la pur minima presenza di sangue o di altri composti chimici presenti nell’acqua del mare. L’attitudine a riconoscere i composti chimici si pensa che faciliti anche il senso di orientamento: per raggiungere altri squali o delle femmine della stessa specie, basterebbe loro seguire questi odori “a naso”.

Gli squali sono anche in grado di riconoscere le acque circostanti analizzando la quantità di sale in essa contenuta: riescono così a ritrovare certe zone privilegiate di deposizione delle uova o di caccia.

 L’accoppiamento

L’accoppiamento degli squali avviene, quasi sempre, nel buio delle profondità marine. Le poche schermaglie amorose che si sono potute osservare alla luce del giorno, vicino alla superficie dell’acqua, lasciano supporre che questi animali facciano precedere l’incontro d’amore da parate nuziali.

Per sollecitare l’accoppiamento, che può durare da pochi secondi ad alcune ore, lo squalo si aggrappa alla femmina afferrando tra i denti una delle sue pinne pettorali, tanto che capita spesso di incontrare femmine con cicatrici su varie parti del corpo.

Qualunque sia il sistema di riproduzione, la fecondazione avviene sempre all’interno della femmina, grazie agli organi sessuali maschili (pterigopodi) che sono formati dal lembo interno delle pinne pelviche modificato: gli pterigopodi non sono collegati direttamente con i testicoli, che si trovano nella cavità addominale. Le papille uro-genitali emettono lo sperma al livello della cloaca, poi la ghiandola sifonale, situata alla base della pinna pelvica e che si apre dove ha origine lo pterigopodio, assorbe lo sperma prima che esso sia introdotto nelle vie genitali della femmina. Durante l’accoppiamento, viene introdotto un solo pterigopodio: la sua estremità si dilata esponendo delle piccole cartilagini, a forma di uncino, che consentono l’agganciamento.

Se da un lato tutti gli squali sono soggetti a fecondazione interna, dall’altro la riproduzione può avvenire in tre diversi modi, a seconda che siano ovipari, ovovivipari o vivipari.

Gli squali ovipari depositano le uova, di solito di grandi dimensioni, direttamente nell’acqua. In particolare, gli sciliorinidi, come la rossetta minore o gattuccio (Scyliorhinus canicola), la grande rossetta o gattopardo (Scyliorhinus stellaris), il boccanera o gattuccio nero (Galeus melanostomus), depongono uova racchiuse in una capsula cornea resistente (ovoteca) dotata di un filamento che si attacca a un qualche supporto sul fondo marino. Anche gli  squali testa di toro e alcuni squali tappeto sono ovipari. Dopo un certo periodo di incubazione, dall’uovo esce un piccolo squalo.

Gli squali ovovivipari si riproducono anch’essi tramite uovo, ma le uova si sviluppano e si schiudono all’interno del corpo materno.

Sembra che le specie ovipare e ovovivipare siano principalmente quelle che dimorano in prossimità del fondo marino; le specie d’alto mare si pensa invece che siano vivipare. Ciò significa che gli embrioni si sviluppano completamente nell’utero materno, dove si nutrono attraverso la placenta e i piccoli nascono già completamente formati. Il numero dei piccoli per parto varia da due-quattro a qualche decina, secondo la specie, e la gestazione dura spesso più di un anno (a volte anche 24 mesi, per esempio nei pescecani).

 Lo squalo bianco

Lo squalo bianco rappresenta, nella fantasia collettiva, l’archetipo di tutti gli squali e la raffigurazione fornitaci dai mezzi di comunicazione ha rafforzato questa immagine. Tra l’altro, nonostante il nome, questo animale di bianco ha solo il ventre, mentre il dorso assume tonalità grigio-brune.

Esso rimane in generale una creatura piena di mistero: le sue dimensioni, la sua rarità, il suo modo di vivere sollecitano numerosi interrogativi, per esempio quanti esemplari ne esistono, quanto a lungo vivono, come usano accoppiarsi e quando. Ma i biologi sono in grado di avanzare solo valutazioni approssimative. Essendo state catturate alcune femmine, finalmente si è potuto conoscere il tipo di riproduzione di questi enormi pesci; si tratta di animali ovovivipari e si suppone che pratichino anch’essi l’ovofagia come gli altri lamnidi.

Lo squalo bianco è un solitario che ama i grandi spazi; tuttavia se ne sono osservati piccoli gruppi intorno a carcasse di balene, a navi-officina e nelle vicinanze di colonie di pinnipedi (foche, otarie).

Lo squalo bianco è cosmopolita: pur avvistato in tutti gli oceani, preferisce tuttavia le acque temperate, soprattutto quelle delle coste nordamericane del  Pacifico e dell’Atlantico, nonché quelle intorno alla coste sudafricane e sudaustraliane. Al di sotto dei tropici è poco presente e vive a una maggiore profondità.

Lo squalo bianco raggiunge senz’altro i 6.40 metri di lunghezza, come dimostra un esemplare catturato a Cuba nel 1945 del peso di circa 3.2 tonnellate. Sono stati avvistati anche squali di maggiori dimensioni, ma non hanno potuto essere misurati con esattezza; oggi si ritiene che la specie possa raggiungere gli 8 metri di lunghezza, ma ancora il suo sviluppo non ha potuto essere accertato.

Eccellente nuotatore grazie al corpo affusolato e alla potente pinna caudale, lo squalo bianco si aggira in genere nelle vicinanze delle coste o delle isole oceaniche. Il suo regime alimentare varia con l’età: i giovani sono soprattutto divoratori di pesci, mentre gli adulti sembrano golosi di mammiferi marini (foche, otarie, elefanti di mare, ecc…). Occasionalmente si cibano anche di tartarughe e di uccelli di mare nonché di rifiuti gettati in mare. A volte necrofagi, non disdegnano le carcasse di balene, delfini e simili.

Lo squalo bianco adotta una strategia particolare quando dà la caccia a foche, otarie e altri pinnipedi, che possono procuragli gravi ferite sul muso: attacca la preda sempre di sorpresa, mai frontalmente ma più spesso da dietro o da sotto. Con un primo morso lo squalo provoca un’emorragia che indebolisce la vittima, quindi con un nuovo, decisivo attacco la finisce e la divora.

 

 Segni distintivi

Le mascelle:   sono formate dal palato-quadrato (mascella superiore) e dalla cartilagine di Meckel (mascella inferiore o mandibola). Il palato-quadrato non è saldato al cranio, ma vi è attaccato mediante legamenti e tessuti connettivi molto elastici che consentono una grande apertura della mascella.

Denti:   non sono impiantati negli alveoli delle mascelle, come accade con i pesci ossei e i vertebrati superiori (l’uomo per esempio), bensì nelle gengive. Ricrescono continuamente grazie a un sistema che funziona come un tappeto scorrevole. Ogni qualvolta i denti della prima fila cadono naturalmente, vengono rimpiazzati da altri denti che spuntano e prendono il loro posto. Nel corso della sua vita, uno squalo può quindi mettere un migliaio di denti.

Fessure branchiali:   gli squali respirano l’ossigeno dell’acqua per mezzo di branchie, le quali comunicano direttamente con l’esterno attraverso fessure branchiali aperte sui lati della testa. Lo squalo bianco ne possiede cinque paia.

Pelle:   costellate di piccole sporgenze, dette dentelli dermici o scaglie placoidi, che sporgono a milioni su tutta la superficie corporea, la pelle degli squali è ruvida come carta vetrata. Costituiti da dentina ricoperta da uno strato molto duro di smalto, i dentelli sono vascolarizzati, innervati come i denti, con una radice infissa nella pelle e un peduncolo che regge una corona, la sola parte visibile. I dentelli si rimpiazzano. Inclinati all’indietro, essi aumentano le proprietà idrodinamiche dell’animale. Sono di forma variabile secondo le specie, e possono servire come segni distintivi.